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Forse per avere buona velocità, autonomia di volo e probabilmente i siluri pesavano di più, hai visto quanto erano grandi. Poi in realtà i siluri che poteva trasportare erano due nei trasferimenti e uno solo in operazione per ovvi motivi di agilità nel disimpegno...

Gentile sig. Zaghetto, grazie per il Suo commento che ci fornisce lo spunto per chiarire alcuni concetti fondamentali. Da quello che leggiamo Lei è molto competente in Regia Aeronautica e, probabilmente, meno in materia di restauro. Tuttavia ci sorprende che le sia sfuggito il criterio col quale è stato affrontato questo intervento espressamente “storico-conservativo”. Siamo lieti di poterlo spiegare a Lei e a coloro che ignorano i concetti base del restauro attuale. Partiamo con ordine: 1) L’intervento è stato commissionato su gara pubblica alla quale sono stati invitati restauratori esperti e competenti in interventi conservativi su varie classi di materiali, e quindi non improvvisati. 2) Le scelte operative, salvo casi specifici, non sono state decisioni nostre, ma il frutto di ricerche accurate compiute da un comitato scientifico, nominato ad hoc, tra esperti ed autorità militari di riconosciuta fama. 3) Tutte le decisioni sono state quindi motivate e convalidate dalla Soprintendenza competente, trattandosi lo “Sparviero” di un Bene tutelato. 4) Per quanto riguarda gli interventi strutturali, la scelta è stata quella più conservativa di tutte, ovvero restituire l’integrità all’immagine dell’aereo (non più destinato a volare) conservando il più possibile di quanto pervenuto fino ad oggi. Le tele originali, molto lacerate, non sono state rimosse ma ricomposte e conservate sotto le attuali (come descritto nella presentazione del video su UA-cam). Chiunque vorrà studiare le tecniche costruttive originali (cuciture, qualità delle tele, impianti elettrici ed altro) per curiosità o per formarsi come esperto quale è Lei, lo farà su parti originali e non su sostituzioni posticce come sarebbe stato se si fosse “restaurato” con criteri diversi da questo. L’aereo, come ben sa anche Lei, non è più in condizioni di volo e non potrebbe più esserlo, dati gli enormi costi che questa eventualità comporterebbe. Eliminare le vecchie tele avrebbe significato eliminare le ultime tracce delle parti originali e per montare le nuove, da cucire esattamente come le vecchie, si sarebbe dovuto smontare tutti gli impianti. Un vero peccato. 5) Per quanto riguarda la livrea dovrebbe sapere che l’aereo era stato ricondizionato per essere ceduto all’aeronautica libanese, quindi re-intelato e ridipinto con le insegne libanesi direttamente dalla fabbrica negli anni ’50. Questa livrea è stata effettivamente da noi ritrovata attraverso sondaggi localizzati e sezioni lucide esaminate al microscopio. Negli anni ’60 è stato restituito di nuovo all’Italia insieme a quello conservato presso il Museo Caproni di Trento. A differenza di quest’ultimo, musealizzato con la livrea libanese, quello attualmente a Vigna di Valle era stato sottoposto, nel 1977 e nel 1998 a due interventi di ridipintura. Gli schemi cromatici utilizzati, tuttavia, erano stati scelti senza un criterio scientifico. Nel secondo intervento, col quale si voleva omaggiare il comandante Buscaglia, il SM79 è stato completamente snaturato, attribuendogli un numero di matricola e uno stemma che non sono mai appartenuti al velivolo in questione. Quest’ultimo strato di colore posticcio aveva anche contribuito ad irrigidire le tele, ormai troppo cariche di vernici, che infatti si sono strappate. Il colore che lei definisce “assurdo” è stato scelto, dopo diverse discussioni e confronti tra esperti, dal comitato scientifico. Si tratta di un RAL specifico, lo stesso usato per il Re.2002 da lei citato, corrispondente al colore del velivolo appena uscito dalle officine (ricordiamo che all’epoca non esistevano i codici colore odierni). La scelta di non siglare l’aereo è stata corretta, perché data l’assenza di documenti certi, non è stato possibile attribuire il velivolo ad una squadriglia in particolare. Una scelta di neutralità che abbiamo condiviso (anche questo è spiegato nella presentazione del video su UA-cam). Tra l’altro il nostro, come la maggior parte degli interventi conservativi, è reversibile: la nuova tela si può rimuovere senza alcuno sforzo, se necessario. Ogni intervento conservativoè studiato per il Bene a cui è destinato. Per lo Sparviero, questa è stata la scelta più rispettosa. 6) Un’ultima questione: a parer nostro gli altri velivoli restaurati in precedenza al MUSAM non devono essere d’esempio, perché lo scopo di un restauro è quello di preservare un Bene Culturale, non di modificarlo, eliminando le tracce della sua storia (patine, difetti originali, testimonianze varie della loro vita, ecc). L’aspetto di quei velivoli, invece, non sembra rispettare questi criteri. Forse la questione è tutta qui: capire se si vuole restaurare o “rifare” un velivolo, e scegliere di conseguenza in base all’obbiettivo finale: tramandare o riprodurre. Cordialmente, i restauratori Carlo Usai e Giulia Barella

Buongiorno e grazie per la risposta. Vedo di rispondere in maniera più precisa e possibilmente sintetica a quanto avete descritto in dettaglio. Non vi voglio annoiare, ma vi dò documentazione di quanto sostengo con forza. La questione fondamentale, aldilà dell’origine e delle condizioni dei due apparecchi che conosco perfettamente, essendo entrato a prendere misure per tre volte, compreso l’esemplare di Trento per concessione della Contessa Maria Fede Caproni, è che del verde (olive drab, simile a quello presente su velivoli tipo G 91 o F 104 a due colori), utilizzato sui due aeroplani NON esiste alcun campione conosciuto, mentre del verde che indico io pur con le dovute differenze, esistono campioni praticamente su ogni reperto che possiamo analizzare. Il fatto che un comitato scientifico arrivi a definire questa tinta come attendibile mi crea una sensazione di fastidio ancor più grande; abbiamo tinte certe e non le consideriamo, abbiamo una tinta di cui non esiste nessun riscontro storico e decidiamo per quella? Ma perché? Lo so benissimo che la mimetica precedente era sbagliata, ma lo era in maniera meno clamorosa di quanto fatto adesso. Chiamate per cortesia qualsiasi modellista, uno a caso, e chiedete un riferimento Federal Standard per un VERDE OLIVA SCURO e vi dirà FS 34052 (Schwartzgrün tedesco, è uguale) o al limite 34079 in variante. Dite che non esistevano codifiche colore all’epoca, in realtà è vero per metà, perché il RAL tedesco era catalogato come RLM e esistevano scambi di tinte tra le nazioni: Oltretutto la TAVOLA 10 introduce finalmente tinte standard, bastava guardare quella! Il comitato scientifico vi ha consegnato un colore che ha rovinato l’aspetto storico di ben due rari aeroplani, altro che restauro conservativo. Da AREA e da GAVS c’è solo da imparare, il CR 42 l’hanno costruito praticamente da zero per dare un esemplare che altrimenti non esisteva, e la colorazione è corretta, esiste una diapositiva colori dell’epoca. Vi annoio ancora un attimo, il tempo di indicarvi le fonti che sostengono quanto vi sto scrivendo: Il timone del Reggiane conservato a pochi metri dal nostro 79, ancora con la croce sabauda e il suo VERDE OLIVA SCURO. La stessa tinta presente sull’ala dello stesso, verniciata grigio e verde con colori tedeschi, ma recante lo stesso verde (dicevamo uguale allo schwartzgrun). Il reperto del Reggiane ripescato, sempre lì in museo, che pur devastato dall’acqua porta a vedere la stessa tinta. Troncone di Reggiane 2005 del Museo Caproni, tutto ancora nel nostro bel verde. Aprire il volume “Colori e schemi mimetici della Regia Aeronautica” del CMPR, autentica pietra miliare, prima edizione del 1977 con chips che riproducono la TAVOLA 10 e successiva riedizione con aggiunte. Ultimo ma non ultimo: non posso postare qui le foto dei reperti che ho in mano, ma per chiudere vi rimando ad un link americano che ha ripreso quasi per intero il mio articolo del 1999 proprio sui ritrovamenti a completamento di quanto il CMPR di Ravenna aveva trovato. Vi riassumo i principali reperti che ho catalogato ed analizzato nell’articolo: Un generatore di corrente Pellizzari proprio del S 79, con un verde come sopra. Modelli autocostruiti in tempo di guerra dal padre di un amico direttamente sui teatri operativi ed utilizzando le vernici usate sugli aeroplani, che guarda caso erano due S 79. Lo ripeto, i colori li ha presi dai verniciatori in linea di volo. La Vitocharts di Virginio Tosco, già illustratore a tredici anni per la Fiat Aviazione che per documentarsi ha raccolto frammenti di colore dai velivoli nei vari teatri operativi e che conferma con aggiunte e varianti quanto pubblicato dal CMPR. Per finire i frammenti di colore provenienti da vari aeroplani della Regia Aeronautica che il signor Tosco mi ha donato e che tengo adesso accanto alla tastiera, tra cui due piccoli pezzi di tela ritagliati da un S 79, un marrone ed un verde. Datemi cortesemente un indirizzo mail, così vi allego le foto a documentare ogni parola scritta. Attendo altresì altrettante motivazioni da quel comitato scientifico che ha deciso quel verde assurdo per due aerei. Qui il link, buona lettura. www.stormomagazine.com/Articles/NewColoursRA.html Cordiali saluti Stefano Zaghetto @@charlesusai

get lost, red fascist

British would call the paint scheme “sand and spinach “.